Come combattere la Brexit?

I rischi e i disagi reali

Con il circolo PD Londra & UK Decio Anzani sono sceso in campo contro la Brexit con le campagne ‘Stronger IN’ e ‘Labour IN’ e oggi insieme a Open Britain, Together Forward e 3Million continuiamo la battaglia per la tutela dei diritti dei cittadini europei. Dobbiamo fronteggiare uniti la prima vera minaccia politica per la nostra comunità, ossia una hard Brexit.

Non solo per difendere i nostri diritti, ma anche la nostra idea di Europa, infranta quella notte del 23 giugno 2016, quando di colpo ci scoprimmo forestieri in un posto che chiamavamo casa. L’europeismo è parte di quella dimensione che portò molti di noi a trasferirsi qui, la zona più cool dell’Unione, più adatta ai nostri bisogni, alle nostre aspirazioni. Dobbiamo mobilizzarci per la difesa dei diritti acquisiti degli europei residenti nel Regno Unito. Senza un accordo, nel peggiore dei casi, diventeremo stranieri in Europa, avremo bisogno di un visto per poter lavorare, un permesso di soggiorno se disoccupati, non potremo più votare alle elezioni amministrative, sarà molto più complesso accendere mutui, le tasse universitarie diventeranno esorbitanti, i ricercatori universitari avranno molte meno risorse. Cosa accadrà al roaming, raggiunto dopo anni di negoziazioni? Come trasferiremo le nostre pensioni oltre manica? Come verranno riconosciuti i matrimoni e le adozioni gay ? La Brexit sarà probabilmente il più grande evento politico della nostra vita. Questa sarà la mia missione, perché siamo tutti nella stessa barca: è una minaccia per tutti i residenti senza passaporto britannico, a prescindere dalla nostra condizione sociale o finanziaria. Ricordiamoci che la Brexit oggi non solo crea incertezza sul futuro, ma sta già avendo un impatto reale sulla nostra comunità. Ci sono ragazzi neolaureati che non trovano lavoro perché italiani, abbiamo appreso dello stallo di vari progetti di ricerca nelle università, della sospensione preventiva della trasferibilità di alcuni fondi pensione privati inglesi verso l’Italia e la Francia, per non parlare del personale di istituti finanziari che verranno presto ricollocati in altre città sul continente.

Cosa fare

In primo luogo dobbiamo assolutamente fare pressione sulla Farnesina per potenziare le risorse per il Consolato di Londra, ormai allo stremo con oltre tre mila domande di registrazione AIRE al mese perché è uno scandalo aspettare mesi per prendere un appuntamento e rinnovare un passaporto. La qualità dei servizi consolari è una questione concreta molto sentita nella nostra comunità. Dovremo inoltre mobilitarci e fare pressione per provare a influenzare i negoziati con ogni mezzo possibile, soprattutto sulle questioni calde del momento come il ricongiungimento familiare, l’esportazione dei benefits, la concessione della libera circolazione ai cittadini europei che hanno ottenuto il permesso di residenza permanente entro la data di uscita dall’Unione. Dobbiamo chiedere che la residenza permanente venga assegnata sulla valutazione di criteri de facto e non alla conclusione di esoteriche procedure amministrative con requisiti assurdi come la copertura sanitaria privata, e soprattutto con costi minori; chiedere il diritto di voto per le elezioni amministrative per i residenti europei; chiedere garanzie per la mobilità e la piena convertibilità dei fondi pensione britannici verso quelli europei. Dovremmo anche esortare il governo italiano e il parlamento a facilitare il rientro di chi dovrà tornare in Italia, magari suggerendo di ampliare Controesodo o altri sgravi fiscali per i professionisti e introdurre nuovi incentivi per il rientro dei ricercatori. Se eletto, mi impegno ad attivarmi su tutte queste questioni  interagendo con il governo, la Farnesina, le associazioni di italiani all’estero e anche con i partiti britannici, il Parlamento e il governo del Regno Unito.

Ripensare il nostro Europeismo dopo la Brexit

La Brexit è stata sicuramente il prodotto di un disagio sociale che vede l’immigrazione come una minaccia. Rappresenta la vendetta di quella parte del Regno Unito che non ha beneficiato dell’apertura del paese di questi ultimi decenni. E’ più facile incolpare gli stranieri per le lunghe attese all’NHS o per gli asili nido, piuttosto che chiedersi che forse bisogna costruire un altro asilo nido o un nuovo ospedale, specie dopo anni di austerità. La verità è un'altra, noi europei del Regno Unito abbiamo contribuito all’erario di sua maestà più di 20 miliardi di sterline negli ultimi dieci anni, al netto dei trasferimenti sociali. La Brexit ci impone anche una riflessione più seria sul nostro europeismo. Una grande critica che molti inglesi muovono all’UE, oltre all’inefficienza e allo spreco di denaro, è l’assenza di un’Europa sociale e dei diritti. Sessanta anni d’integrazione hanno costruito il più grande mercato libero della storia ma spesso i diritti rimangono difesi solo a livello nazionale. Oggi è importante più che mai assumere un atteggiamento critico e non retorico per rilanciare l’UE. Il rilancio non può che essere nella direzione dell’inclusione e della solidarietà, come per esempio tramite l’introduzione di un’indennità di disoccupazione europea.