DL Salva Popolare di Bari necessario ma a condizione che istituto di trasformi in SPA.

Italia Viva voterà a favore di questo decreto. Salvare la Popolare di Bari è oggi necessario, come lo furono gli interventi a sostegno delle Banche venete, del Monte dei Paschi di Siena e di CARIGE , per tutelare la stabilità finanziaria del nostro Paese. Dobbiamo evitare che crisi locali come quella di Popolare di Bari, una banca con un attivo di oltre 13 miliardi di euro operante in tre regioni, Puglia, Abruzzo e Basilicata, crescano incontrastate e arrivino a ledere la fiducia nell’intero sistema bancario nazionale.

Inoltre occorre intervenire per tutelare i quasi tremila dipendenti, centinaia di migliaia di risparmiatori e assicurare la continuità nell'erogazione del credito ad oltre 100mila imprese per evitare una grave crisi economica e occupazionale nel cuore del Meridione, area del Paese che non ha bisogno di ulteriori crisi. Ma una volta finita l’emergenza occorre anche interrogarsi come si è arrivati questo punto. Al contrario di altri casi di salvataggio, la Popolare di Bari sembra essere non solo vittima della grave recessione  economica ma anche di una cattiva gestione come indicano le ripetute rilevazioni della Banca D’Italia che negli anni hanno denunciato problemi di governance e una carenza nelle funzioni di controllo di quella che appare a tutti gli effetti una allegra erogazione del credito, una valutazione che portò Banca D’Italia a imporre già nel 2010 alla Popolare di Bari il divieto di espansione.

E’ quindi fondamentale che l’intervento del Governo rispetti logiche, criteri e condizioni di mercato coinvolgendo anche soggetti bancari privati. Serve una radicale trasformazione della governance, a partire dalla trasformazione della Popolare in una Società per Azioni, uno dei pilastri delle riforme in ambito bancario attuate dal Governo Renzi nel 2015 e guarda caso la Bari è una delle due popolari a non aver attuato questa riforma.

Giusto ideare operazioni di sistema per ripensare il sistema creditizio del Sud dove il PIL è ancora inferiore di 8 punti ai livelli del 2007, le imprese hanno seri problemi di accesso al credito, la disoccupazione rimane al 20% e dove si trovano molti di quei 3 milioni di giovani che non studiano né lavorano. È quindi opportuno pensare alla creazione di una banca di investimento per il Mezzogiorno per promuovere il consolidamento del sistema bancario in un’area del paese dove le banche rimangono di dimensioni limitate e dove le imprese dipendono ancora di più dal debito bancario. Su questo tema in passato abbiamo visto storie di successo come nel caso della Cassa per il Mezzogiorno, e anche di insuccessi, come nel caso dell’ISVEIMER, l’Istituto per lo Sviluppo Economico dell'Italia Meridionale, liquidato negli anni ’90. In ogni caso lo Stato deve prendere l’iniziativa assieme a soggetti bancari privati.