Ieri il Parlamento Europeo ha approvato l’accordo di recesso con il Regno Unito, dando così il via libera all’uscita della Gran Bretagna dall’UE alla mezzanotte di domani, intonando una canzone plurisecolare, the Aung Lang Syne. L’Italia e la Gran Bretagna continueranno ad avere una relazione forte: il Regno Unito lascia l'Unione europea ma non l'Europa. Detto questo, è inevitabilmente un duro colpo di arresto per il sogno europeista, ancora di più se si considera che esce un paese che ha liberato l’Europa per ben due volte. Ringrazio il Regno Unito per le tante opportunità che ha dato a così tanti nostri connazionali, un paese che ammiriamo per la sua cultura aperta, il suo dinamismo, la curiosità e l’intraprendenza della sua gente.
Mi piace pensare che questo sia non un addio, ma soltanto un arrivederci. Auguriamo al Regno Unito il meglio perché se lo merita. Come europeisti dobbiamo interrogarci sul come siamo arrivati qui. A mio avviso la Brexit non è il prodotto di un disagio culturale ma sociale, causata dalla assenza di vere pari opportunità per tutti e da una UE lontana e incompleta. L’UE si deve svegliare e riformare, costruendo una vera Europa sociale e dando una risposta comune alla sfida migratoria. La parabola di Corbyn insegna inoltre che se si insegue il populismo, la gente sceglie sempre l’originale: le forze europeiste e riformiste devono presentarsi come forza di governo credibile per difendere il sogno europeo, con piani seri per la crescita e le pari opportunità per tutti.