I titoli di coda del M5S e la crisi del governo Draghi.
La crisi di consensi del M5S ha spinto Conte a trovare pretesti per sabotare il governo Draghi. All’inizio con il conflitto in Ucraina, in seguito tergiversando su superbonus e il reddito di cittadinanza, infine il termovalorizzatore di Roma. Conte (ovvero Casalino) pensano che rivendicando alcune delle battaglie ideologiche delle origini recupereranno consensi, ma non mettono in conto il fatto che gli italiani non manderanno giù un gesto miope e irresponsabile che ha portato alla richiesta di dimissioni Mario Draghi. La crisi del governo Conte aveva con Draghi un punto di caduta, un porto sicuro contro le intemperie populiste, qui invece si naviga a vista proprio mentre il paese è alle prese con il caro-energia, un’inflazione vicina alla doppia cifra, la siccità e le conseguenze economiche e politiche della guerra in Ucraina. Il tentativo disperato di Conte è destinato a fallire. Come vedremo già nei prossimi giorni, e come è già accaduto in queste ultime ore, ancora più parlamentari abbandoneranno la nave grillina rendendo il M5S ancora meno rilevante in Parlamento.
È oltrettuto surreale che il M5S abbia deciso di non votare la fiducia sul decreto Aiuti senza far dimettere i propri ministri. Ministri che non votano la fiducia al governo di cui fanno parte! Mi ricordano gli anni dell’Unione di Prodi, quando alcuni ministri scendevano in piazza a marciare contro il governo e poi quatti quatti andavano in CDM come se nulla fosse. Qui assistiamo a un Movimento con vari derivati, nati sul Vaffa in piazza, che volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, tagliare i privilegi della ‘casta’ e che ora si ritrovano a dire tutto e il contrario di tutto (‘uno non vale l’altro’) pur di proteggere le posizioni acquisite. Ai Ministri di Italia Viva invece, come Teresa Bellanova, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto, il coraggio non è mancato, e nemmeno una chiara visione di dove debba andare il paese, una visione di cui il M5S è invece totalmente privo. Tutto questo è poco serio e ci sarebbe da ridere se non fosse che di mezzo ne va del futuro del paese. I mesi futuri erano tutti in salita già prima della crisi tra inflazione, rialzo dei tassi di interesse e crisi energetica – e la inevitabile crisi sociale – e adesso si aggiunge il rischio di un governo populista e sovranista che smantellerà tutto il buon lavoro fatto finora indebolendo per giunta l’alleanza del mondo libero UE-NATO. Il Cremlino ringrazia.
In questi ultimi 17 mesi il governo Draghi ha messo in cantiere riforme che il paese attendeva da decenni, dal fisco alla concorrenza, dalle infrastrutture alla scuola, alla giustizia civile, temi spesso considerati un vero e proprio tabú dalla politica italiana: l’aggiornamento del catasto, la messa in gara delle concessioni balneari, la liberalizzazione di vari settori dove la rendita foraggia i soliti noti, oltre a varie misure per la semplificazione e l’implementaione degli investimenti, l’accelerazione dei tempi della giustizia civile, il potenziamento dell’istruzione tecnica superiore per citare solo alcuni esempi. Sono riforme importanti che vanno difese e portate a termine ma che soprattutto dimostrano che l’Italia è riformabile, che si deve e si può lavorare per il bene comune nell’interesse della maggioranza dei cittadini a prescindere dai veti e dagli interessi di parte.
Nel dimettersi Draghi è stato un gentiluomo, non ha provato a cercare o convertire improbabili ‘responsabili’ per non dover sottostare a inevitabili ricatti. Sono orgoglioso di aver contribuito a portarlo al governo del paese e di aver sostenuto quel fondamentale cambio di rotta nel 2021, un passaggio che ha cambiato la storia d’Italia (immaginate soltanto cosa sarebbe successo se avessimo avuto Conte a Chigi a gestire il conflitto in Ucraina!).
Non diamola vinta a Putin. Gli investimenti del PNRR sono condizionati alla realizzazione di queste riforme. All’Italia serve ancora una figura autorevole, credibile e riconosciuta in tutto il mondo, non solo per portare a termine le riforme ma soprattutto per dare al paese una guida salda per gestire la crisi economica che si delinea all’orizzonte mentre in Europa si combatte una guerra su vasta scala. Draghi è inoltre una garanzia per i partner dell’UE e per i mercati, una garanzia di cui abbiamo bisogno data la fine delle politiche monetarie accomodanti della BCE. Lavoriamo per permettere a Draghi di tornare a Palazzo Chigi il prima possibile, mettiamoci al lavoro per creare una nuova maggioranza.