Il prossimo 31 dicembre il Regno Unito cesserà di essere uno Stato Membro dell'Unione Europea. Non conosciamo ancora gli esiti dei negoziati per definire la relazione futura tra UE e UK. Grazie all'accordo di recesso siglato lo scorso ottobre, sino a fine anno si attuerà il cosiddetto periodo transitorio durante il quale viene pressoché mantenuto l'acquis comunitario; prima di confluire in una partnership regolata da accordi futuri che ad oggi pare essere un salto nel buio.
Coerentemente con i dati presentati in conferenza stampa oggi da PWC Italia: il 91% delle aziende ha almeno una tematica fiscale da affrontare derivante dalla Brexit con diverse implicazioni per la continuità del business. Sempre secondo l’indagine condotta dal PWC-TLS “Impatto Fiscale della Brexit sulle Imprese Italiane” il 71% delle aziende italo-britanniche necessita modifiche operative per mitigare gli effetti della Brexit indipendentemente dall'esito del negoziato sulla relazione futura. Più del 55% delle imprese sosterrà costi aggiuntivi dovuti ai cambiamenti in termini di adeguamento alla normativa doganale. Quasi il 40% delle imprese dovrà rideterminare l’attribuzione dell'origine dei beni ceduti all'estero con ripercussioni sulla catena del valore. In assenza di modificazioni contrattuali, il 34% delle aziende intervistate dovrà sostenere costi aggiuntivi dovuti ad un aumento della tassazione sui redditi passivi. Per queste importanti ragioni è necessario, anche in assenza di un accordo tra UE e Regno Unito, che le aziende dei nostri due paesi abbiamo la consapevolezza di mettere in campo sin da subito azioni concrete per mitigare e dare certezza operativa al loro business anche in caso di accordo. Infine, è importante ricordare che le aziende che operano tra i nostri due paesi saranno certamente protagoniste del rilancio economico del Paese dopo la pandemia COVID19. Ne abbiamo parlato con il collega Gennaro Migliore, Flavio Mondello Malvestiti, Francesco Pizzo e Luca Lavazza - PWC TLS, Maurizio Bragagni – AD Tratos.