Italia e Confederazione Elvetica siano unite nell’affrontare questa emergenza, definita come pandemia anche dall’Oms. Non si tratta infatti solo di un problema italiano, il Covid19 non ha nazionalità. In queste ore abbiamo raccolto le preoccupazioni e i disagi subito da molti lavoratori italiani transfrontalieri in Ticino, che temono per la loro salute e per il posto di lavoro. Qualora anche la Confederazione dovesse adottare misure restrittive sul lavoro, chiediamo che si tutelino i posti di lavoro dei cittadini italiani transfrontalieri.
L’emergenza sta però rendendo sempre più difficile la quotidianità degli oltre 70.000 transfrontalieri che ogni giorno varcano il nostro confine per andare a lavorare in Svizzera. Auspichiamo che a breve anche la Confederazione Elvetica possa mettere in atto nei luoghi di lavoro e di aggregazione, le norme di precauzione sanitaria che l’Italia ha messo in atto per contrastare la diffusione del virus. Per lavorare in sicurezza dal contagio è infatti necessario attenersi alle indicazioni date dalle Autorità Sanitarie.
Anche per evitare richieste insolite fatte ai nostri connazionali come quella di restare a dormire vicino ai luoghi di lavoro in Ticino e di motivarne il diniego, non vorremmo che queste misure risultassero discriminatorie. Inoltre, nonostante il confine tra i nostri due stati sia rimasto aperto, alcuni valichi minori sono stati chiusi - per quanto apprendiamo - per esigenze tecniche, fatto che sta creando grandi disagi e code ai valichi aperti.
Infine con i colleghi Maria Chiara Gadda e Mauro Del Barba siamo grati alla ambasciatrice Svizzera per la piena solidarietà espressa all’Italia e la massima serietà nell’affrontare la crisi, e la determinazione a tenere le frontiere aperte con il nostro Paese.