In questi pochi giorni a Vilnius, la splendida capitale barocca della Lituania, ho avuto modo di visitare Pasmerktuju Kelias, il luogo dove il KGB sovietico effettuava gli interrogatori e le esecuzioni negli anni subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.
In questo bunker di cemento armato nascosto sotto una elegante Dacia sul fiume Neris, tra il 1944 e il 1947 oltre 700 persone - dissidenti, intellettuali, partigiani anti-sovietici che lottavano per la libertà del proprio paese - hanno trovato la morte. Disfigurati con l'acido, i corpi sono stati ritrovati in una fossa comune solo negli anni '90 dopo che la caduta dell'Unione Sovietica permise a questo antico paese baltico di riacquistare la propria indipendenza.
Credo sia doveroso commemorare queste vittime, macellate in segreto senza un processo per ricordarci in quanto europei dell'importanza di resistere contro ogni tipo di totalitarismo. Da italiano, ci ricorda la fortuna del nostro paese nell'essere stato liberato dalle forze alleate e non dalle divisioni di Stalin o di Tito.
Seppure l'ex granducato ora viva un periodo di pace e prosperità dentro l'Unione Europea, le ferite lasciate dall'occupazione sovietica sono tutt'ora profonde. La sicurezza infatti rimane un tema politico cruciale in un paese protetto tutt'ora dalle forze aeree della Nato, tra cui un importante contingente dell'Aeronautica Militare italiana.