La mozione a mia prima firma concernente iniziative a favore dell'occupazione, della formazione e dell'emancipazione giovanile.

Mozione 1-00392

La Camera,
premesso che:

in data 15 settembre 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alle Camere la proposta di linee guida per la definizione del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr). A tale prima fase seguirà quella della elaborazione, presentazione e adozione definitiva del Pnrr;
il periodo di emergenza sanitaria che abbiamo vissuto a causa delle restrizioni adottate per contrastare la diffusione del virus si è presto trasformato in emergenza economica e ha inciso pesantemente sulla situazione del mercato del lavoro;
nonostante il blocco dei licenziamenti in atto, tutti gli indicatori e le previsioni degli osservatori istituzionali concordano nel sostenere che, nonostante la ripresa delle attività, l'Italia stia per essere colpita da un periodo di grave recessione economica;
la pandemia da Covid-19 sta provocando in Europa un aumento della disoccupazione da cui i giovani risultano essere maggiormente colpiti rispetto ai lavoratori più anziani. Molti di essi, infatti, sono occupati in settori che sono stati particolarmente penalizzati dalle conseguenze della pandemia quali il turismo, la ristorazione, le arti, l'intrattenimento, il commercio all'ingrosso e al dettaglio, mentre altre ragazze o ragazzi ambiscono ad entrare nel mercato del lavoro proprio nel momento in cui tali settori non sono più in grado di assumere ed in cui, più in generale, le prospettive economiche negative impediscono nuove assunzioni;
una recente analisi ha rilevato che in Italia circa il 25,5 per cento degli occupati nelle attività definite come «non essenziali» durante il blocco delle attività, quali in particolare il turismo e la ristorazione, ha un'età compresa tra i 20 e i 30 anni, e che più di 4 giovani su 10 erano impiegati, già prima della crisi, in settori, individuati dallo stesso report, come i più colpiti dall'impatto dell'emergenza da Covid-19;
l'Italia, già nei periodi antecedenti la pandemia, a causa degli effetti della crisi finanziaria del 2008, ha particolarmente sofferto per l'elevato tasso di disoccupazione giovanile, l'alto numero di cosiddetti «Neet» («not in Education, Employment or Training», giovani disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione), oltre che di ragazze e ragazzi, al primo impiego, sottopagati ed, infine, del fenomeno dei cosiddetti «cervelli in fuga», spesso giovani laureati che non riescono a trovare un'occupazione adeguata agli studi intrapresi che decidono di emigrare all'estero;
secondo gli ultimi dati Istat, riferiti al 2018, nel nostro Paese, sono oltre 2.116.000 i Neet di età compresa tra i 15 e i 29 anni, rappresentando il 23,4 per cento del totale dei giovani della stessa età presenti sul territorio; secondo Eurostat, nella fascia di età 20-34 anni, l'Italia è il paese con il più alto numero di Neet dell'Unione europea, il 27,8 per cento contro una media Ue del 16,4 per cento; i dati Istat, poi, evidenziano che nel solo anno 2019 hanno lasciato l'Italia oltre 126.000 italiani – di cui almeno 30.000 laureati – con un aumento del 8 per cento sul 2018;
la diminuzione dell'occupazione giovanile potrebbe essere aggravata dalla crisi dell'istruzione universitaria, causata anche dalla riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie appartenenti a contesti socio-economici più fragili e in condizioni di povertà tali da trovarsi nell'impossibilità di sostenere i costi degli studi universitari, successiva alla crisi economica innescata dal Covid-19;
sempre i dati Eurostat 2019 mostrano quanto i giovani italiani nella media siano quelli che abbandonano il nucleo familiare d'origine più tardi rispetto ai coetanei europei. Questi ultimi infatti vanno via di casa intorno ai 26 anni, mentre in Italia si è sopra la media dei 30 anni, a dimostrazione delle forti difficoltà che i giovani italiani devono affrontare per emanciparsi e inserirsi nel mondo del lavoro;
una situazione, quella giovanile, sicuramente aggravata dall'emergenza seguita alla diffusione della pandemia su scala mondiale, ma che negli anni è stata oggetto di particolare attenzione. L'introduzione del Jobs Act, durante il Governo Renzi, attraverso due provvedimenti, rispettivamente varati a marzo e dicembre del 2014 e attuati sin dai primi mesi del 2015, è stato forse il provvedimento in materia economica più significativo degli ultimi anni. L'introduzione della decontribuzione per i primi 3 anni di assunzione ha contribuito ad innalzare l'indice degli occupati. Nel periodo 2014-2018 il totale degli occupati ha registrato un aumento di 936 mila occupati totali, mentre il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15-24 anni, è diminuito nello stesso periodo del 10,5 per cento (dati Istat). L'introduzione del «bonus Cultura», i 500 euro per i giovani che hanno compiuto 18 anni, ha rappresentato un grande investimento sui giovani. L'apposita App è infatti ancora oggi utilizzabile non solo per l'acquisto di libri ma anche per cinema o teatro, per visitare una mostra o un museo;
lo strumento «Resto al Sud», di cui al decreto-legge n. 91 del 2017, potenziato dalla manovra di bilancio del 2018, ha riscosso notevole interesse, tanto che è stato via via rafforzato elevando dapprima l'età dei soggetti che possono presentare un progetto di impresa da 35 a 46 anni e successivamente aprendo ai liberi professionisti. Dal 24 aprile 2016 al 17 novembre 2016 sono stati sottoscritti 8 patti per lo sviluppo attraverso lo strumento del Masterplan per il Mezzogiorno in 8 regioni del Sud (Campania, Calabria, Abruzzo, Basilicata, Molise, Sardegna, Puglia, Sicilia) per un totale di 11,5 miliardi di euro; 7 patti con le città metropolitane (Bari, Reggio Calabria, Messina Palermo, Napoli, Catania, Cagliari) per un totale di 1,83 miliardi di euro. Gli investimenti ammontano dunque a 13,4 miliardi di euro (come da delibera del Cipe 26/2016), a cui si aggiungono le risorse serventi da diverse programmazioni e recuperate per ulteriori 25 miliardi di euro;
in tale contesto è utile ricordare che il Family Act, A.C. 2561, recante Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, all'articolo 6 prevede specifiche misure volte a sostenere le famiglie nella formazione universitaria dei figli, affinché acquisiscano autonomia sul piano finanziario, oltre a prevedere detrazioni fiscali per le spese impiegate per acquistare libri e per i costi di locazione di abitazione per gli studenti universitari; una situazione quest'ultima che trova già ampia applicazione in ambito europeo sulla quale il nostro Paese registra un ritardo;
oggi, la necessità di un intervento straordinario da parte dello Stato per il sostegno delle famiglie, ed in particolare le giovani coppie, è emersa più forte non appena, a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, è stata decisa la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado;
in questo senso il Governo si è impegnato in un processo di riforma generale, che ha per obiettivo il contrasto della denatalità che ha assunto dimensioni tali da richiedere in tempi rapidi una risposta da parte delle istituzioni, la cui azione politica deve essere orientata al contrasto dei fattori che ne hanno determinato l'origine. Il Family Act (A.C. 2561) rappresenta dunque una risposta di carattere strutturale che oltre ad intervenire sul complesso delle norme che oggi rappresentano una risposta segmentata alle famiglie, riunificandole in un unico intervento che accompagna la crescita dei bambini dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni, intende intervenire tramite un sostegno fondamentale alle famiglie, alle giovani coppie, alle donne, sul terreno della formazione, dell'inserimento nel mondo del lavoro, del sostegno alla crescita dei bambini e delle bambine anche attraverso il potenziamento delle strutture educative;
un capitolo importante riguarda il processo di integrazione delle nuove generazioni di bambine e bambini, ragazze e ragazzi di origine straniera, spesso nati e cresciuti nel nostro paese. Una presenza importante, che deve costituire un elemento di ricchezza e di arricchimento della nostra società, ma che è ancora vittima di discriminazione e casi di vero e proprio razzismo. A tal fine è fondamentale inserire già a partire dalla scuola primaria, approfittando dell'insegnamento dell'educazione civica recentemente inserito nei curricola scolastici come materia obbligatoria, specifici programmi mirati all'educazione di una generazione che faccia del multiculturalismo un valore fondante del futuro delle nuove generazioni;
in questo contesto il citato Family Act valorizza la funzione dell’«educazione non formale», vale a dire tutta una gamma di possibilità di apprendimento informale ed occasionale che da sempre hanno contribuito alla formazione di una società multiculturale, fondamentale per la formazione di una nuova leva di giovani generazioni;
la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni recante «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», del 1o luglio 2020, sottolinea l'importanza che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgano la loro attenzione verso la prossima generazione;
la medesima comunicazione individua le principali linee di indirizzo che Unione europea e Stati membri devono attuare:
a) rafforzare le garanzie per i giovani;
b) rafforzare l'istruzione e la formazione professionale anche nell'ottica di una competitività sostenibile;
c) rafforzare con correttivi l'equità sociale e la resilienza;
d) fornire nuovo impulso agli apprendistati affinché contribuiscano a creare occupazione giovanile;
è fondamentale quindi, alla luce dei dati fin qui esposti, che il Governo adotti riforme e interventi, anche strutturali, sia in merito al mercato del lavoro e delle politiche attive, che in merito all'istruzione, la formazione e l'apprendistato, tali da poter validamente accompagnare la strategia di rilancio;
in tale contesto sarebbe estremamente importante potenziare le sinergie tra scuola e mondo del lavoro al fine di aumentare le possibilità di una maggiore professionalizzazione degli studenti anche per ottimizzare l'orientamento al termine del percorso scolastico. Risulta fondamentale inoltre riconoscere la centralità e rivalutare i percorsi di alternanza scuola-lavoro come introdotti dalla legge n. 107 del 2015, la cosiddetta Buona Scuola. Serve una profonda revisione e un potenziamento dei programmi di istruzione tecnica con particolare riferimento a quella di carattere professionale come strumento di accesso al mercato del lavoro ed alle professioni; potenziare le attività di orientamento scolastico al fine di meglio aumentare l'accesso all'istruzione universitaria e di conseguenza accrescere le immatricolazioni; accelerare l'ampliamento e la diffusione delle lauree professionalizzanti; promuovere e velocizzare il riconoscimento delle lauree dei titoli di studio conseguiti all'estero, così come facilitare il rientro di laureati italiani nel nostro paese o l'arrivo di ricercatori e accademici internazionali;
in questo quadro risulta indispensabile rafforzare i percorsi di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, rafforzandone anche la qualità e riformando i trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, sia razionalizzando quelli esistenti che creando un nuovo sistema teso a legare il sostegno al reddito, in caso di rimodulazioni dell'orario di lavoro o di utilizzo di ammortizzatori sociali, a percorsi formativi, che consentano di migliorare le proprie chances occupazionali;
in questo contesto il reddito di cittadinanza ha effettivamente mostrato una serie di criticità in quanto politica attiva del mercato del lavoro. I dati dell'Anpal mettono in evidenza che solo 39.760 degli oltre 2.370.938 beneficiari del reddito di cittadinanza hanno sottoscritto un contratto di lavoro. Sono criticità che dovranno essere al più presto affrontate: la mancanza di controlli ha evidenziato l'impossibilità di monitorare coloro i quali, pur in presenza di un'offerta di lavoro, l'hanno rifiutata ed è mancata un'analisi puntuale sulla domanda e sull'offerta di lavoro, che consenta di comprendere di quale tipo di lavoratori abbiano bisogno le imprese;
accanto alla salvaguardia della qualità dell'impiego, del reddito e della stabilità occupazionale dei lavoratori – subordinati, autonomi e dell'economia collaborativa (della cosiddetta sharing economy e gig economy) è necessario promuovere forme di contrattazione decentrata in un sistema di relazioni industriali multilivello;
parallelamente alla riduzione del costo del lavoro attraverso la riduzione del cuneo fiscale e il rafforzamento degli incentivi fiscali al welfare contrattuale, è importante favorire processi di digitalizzazione dei luoghi di lavoro unitamente alla flessibilità oraria che, attraverso nuovi percorsi tecnologici, possano coniugare le esigenze produttive dell'impresa con i bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici;
tutte le misure fin qui elencate dovranno essere accompagnate ad un necessario e importante investimento sulle competenze dei lavoratori, promuovendo la formazione continua e permanente nell'ottica di un reskilling professionale mirato, che sappia intercettare le trasformazioni del mercato del lavoro conseguenti alla pandemia;
la crisi economica ridurrà ulteriormente le opportunità di lavoro e formazione per i giovani e sarà compito del Governo farvi fronte valutando l'attuazione di un piano «AttivaGiovani» rivolto ai giovani Neet che preveda il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione presso le imprese, analogamente a quanto intrapreso da altri Paesi europei. I giovani lavoratori potrebbero essere selezionati dalle imprese in base alle loro esigenze mentre il costo del lavoro sarebbe interamente a carico dello Stato. Le imprese potranno far domanda a condizione che si tratti di nuovi posti di lavoro e che assicurino un'esperienza formativa per i giovani Neet;
tuttavia, la crisi rappresenta anche l'opportunità di ridefinire il nostro modello produttivo all'insegna della salvaguardia ambientale e dello sviluppo sostenibile, un'eventualità che potrebbe generare nuove opportunità lavorative per i giovani, i cosiddetti Green Jobs. Sia il Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea, che il Next Generation EU pongono come priorità degli investimenti dei prossimi anni la green economy. La strategia italiana per l'occupazione e la formazione giovanile dovrà tenere conto delle opportunità occupazionali della rivoluzione verde, dalla ricerca scientifica connessa all'economia sostenibile o diretta alla tutela dell'ambiente, all'agricoltura o al turismo eco-sostenibile fino agli interventi di efficientamento energetico;
particolare rilevanza deve essere riservata alle lavoratrici e all'avvio di nuove imprese al femminile. Il disegno di legge 2561 all'articolo 5 prevede una specifica delega per il sostegno di tali attività soprattutto nei primi due anni di avvio dell'impresa. La norma stabilisce, infatti, ulteriori forme di rafforzamento delle misure volte ad incentivare il lavoro femminile anche nelle regioni del Mezzogiorno;
quanto esposto nella presente premessa dovrebbe essere parte della definizione dei progetti da sottoporre nell'ambito del Next Generation EU e del Piano per la ripresa e la resilienza,

 

impegna il Governo:

1) a definire una strategia specifica per promuovere l'occupazione, la formazione e l'emancipazione giovanile;

2) ad adottare iniziative per introdurre un piano «AttivaGiovani» che preveda il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione per giovani Neet, ovvero di cittadini disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione, presso le imprese;

3) ad adottare iniziative per potenziare, anche nell'ambito di una riforma più organica della famiglia, quale quella intrapresa con il cosiddetto Family Act, richiamato in premessa, le misure a favore dei giovani;

4) a rivalutare e modificare il programma «Garanzia Giovani» per renderlo più efficace;

5) ad adottare iniziative per realizzare una riforma dell'apprendistato professionalizzante semplificando i numerosi oneri burocratici vigenti in maniera tale che l'apprendistato diventi la via maestra per accedere al mondo del lavoro;

6) ad adottare iniziative per regolare i tirocini curriculari per assicurare che siano esperienze realmente formative e contrastare il fenomeno dei tirocini extra-curriculari non retribuiti;

7) ad adottare iniziative per incrementare e rafforzare gli istituti tecnici superiori ed effettuare il contestuale coordinamento dei piani per la formazione con l'esperienza degli enti formativi che realizzano nei territori percorsi professionalizzanti brevi, « vocational master», che nascano dal continuo dialogo con le aziende e che consentano di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle imprese;

8) ad assumere iniziative per introdurre «Credito Giovani», uno strumento equivalente a una «dote universale» per facilitare l'emancipazione giovanile in maniera tale che ogni cittadino, al compimento della maggiore età, possa ricevere un emolumento da investire in corsi di formazione, avvio di una azienda o acquisto prima casa;

9) ad adottare iniziative per predisporre uno specifico investimento sui giovani professionisti che scelgono di restare in Italia, con un accesso alle professioni che sia semplice e in questo senso, per introdurre misure affinché tale lavoro sia congruamente retribuito, al fine di scongiurare forme di sfruttamento;

10) a sostenere l'ingresso nel mondo del lavoro delle giovani donne, rafforzando ed incentivando l'imprenditoria femminile;

11) a presentare un grande progetto per l'imprenditorialità giovanile, che comprenda l'imprenditorialità sociale, con particolare riguardo, tra l'altro, all'istruzione e alla formazione all'imprenditorialità, e a servizi di consulenza, mentoring e coaching per i giovani.

Ungaro, Boschi, D'Alessandro, Toccafondi, De Filippo, Marattin, Fregolent, Occhionero.