É passato ormai oltre un mese dall’invasione di Putin dell’Ucraina, il più grande evento bellico nel nostro continente dalla fine della seconda guerra mondiale. Un atto illegale che viola l’integrità territoriale di uno stato sovrano, l’aggressione di una dittatura contro un paese libero e democratico. Un atto criminale e ingiustificato che ha causato già ora la morte di migliaia di persone, molte delle quali vittime inermi, che non ha risparmiato obbiettivi civili come ospedali, scuole, siti della Shoà, affidandosi anche all’uso di armi altamente letali come le munizioni a grappolo, le bombe al fosforo o termobariche.
Come siamo arrivati fin qui
Non intendo prodigarmi in sofisticate analisi geopolitiche, ma inevitabilmente ci interroghiamo su cosa ha portato a tutto questo. Il pendolo ucraino continua a ondeggiare in oscillazioni sempre più drammatiche, in meno di 20 anni siamo di fronte al quarto cambio di direzione di un paese estremamente diviso politicamente dove molti giovani vorrebbero guardano con speranza all’UE, come abbiamo visto durante la rivoluzione arancione del 2004 e di EuMaidan nel 2014, mentre regolarmente gli spettri del passato tirano l’Ucraina indietro verso la Russia, stavolta con una vera e propria invasione. Una crisi che dura da decenni sintomo che UE e Russia non hanno ancora trovato un comune modus vivendi malgrado i tanti tentativi in questi ultimi anni, di Italia e Germania in primis. Sarà secondo me impossibile trovarlo finché non vedremo in Russia il consolidamento di una vera e propria democrazia. Abbiamo sbagliato nei primi anni ’90 a favorire prima le riforme di liberalizzazione economica invece di aspettare la maturazione delle nascenti istituzioni democratiche, con il risultato di aver creato in Russia una autocrazia e una classe di oligarchi devota e dipendente dal Cremlino.
La falsa narrativa né-né: la NATO non ha provocato Mosca
Una cosa è certa: sicuramente non è colpa della NATO e nemmeno dell’UE come alcuni complottisti nostrani auto-proclamatesi equidistanti vorrebbero farci pensare. Ricordiamoci che la NATO è una alleanza militare difensiva per statuto e che i paesi che vi hanno aderito sono paesi democratici che lo hanno richiesto liberamente. Ricordo inoltre che in nessuno dei paesi che facevano parte del Patto di Varsavia (‘ex-CIS’) che hanno aderito alla NATO sono state predisposti arsenali nucleari e che le accuse di Putin sono fandonie usate per giustificare l’ingiustificabile. Al contrario rammento che la Federazione Russa dispone di arsenali nucleari nell’enclave di Kaliningrad (tra Lituania e Polonia) da cui può facilmente colpire Berlino. Senza contare che fin dalla fine della guerra fredda l’Ucraina non dispone di armi nucleari sul proprio territorio. Quindi occhio a non credere al piagnisteo del Cremlino: la minaccia di missili NATO contro la Russia è un alibi goffo, un pretesto per giustificare la guerra, mentre da anni Mosca ha missili puntati sull’Europa.
Forse come NATO avremmo dovuto essere più espliciti nel chiarire che in questo contesto geostrategico l’ipotesi di una adesione dell’Ucraina non avrebbe mai potuto essere sostenuta, proprio per non riaccendere la tensione con Mosca, in uno spazio che gli studiosi chiamano il ‘Near Abroad’, l’’estero-vicino’, quei paesi formalmente indipendenti ma che Mosca considera come parte integrante della propria area di influenza a cui concede al massimo una ‘sovranità limitata’ come vediamo nei casi della Bielorussia, Kazakhstan, Georgia, Moldavia e ovviamente Ucraina. Ma anche qui, come europei ci siamo sempre adoperati in tal senso, fino a suggerire all’Ucraina una politica di neutralità: l’unico legame ufficiale tra UE e Ucraina è tutt’oggi un semplice trattato di associazione con riflessi puramente economici. La narrativa del ‘tradimento’ dell’UE dell’Ucraina a seguito degli accordi di Budapest del 1994 non è forte al punto da spiegare il conflitto in corso.
Anzi, l’aggressione russa avviene proprio perché l’Ucraina non fa parte della NATO e avendo capito che la NATO non sarebbe intervenuta in caso di aggressione Putin ha deciso di osare e di andare oltre l’annessione della Crimea del 2014. È la prima teoria delle relazioni internazionali, la bilancia del potere come teorizzata da Michael Waltz.
Il revanscismo russo
Forse una immagine più di tutte spiega quello che sta accadendo. Parte dei negoziati in corso tra Ucraina e Russia si sono svolti, su richiesta di Mosca, a Viskuli, nella regione di Brest in Bielorussia, nello stesso luogo dove l’8 dicembre 1991 venne firmata tra Russia, Ucraina e Bielorussia la fine dell’Unione Sovietica, un evento che lo stesso Putin ha definito ‘la più grande catastrofe della nostra storia’, l’umiliazione di un paese che tutt’oggi si considera una superpotenza, anche se non ne ha più davvero i mezzi. Un’immagine che ricorda l’armistizio di Compiègne che segnò la capitolazione della Francia alla Germania nazista firmato il 22 Giugno 1940 nello stesso vagone ferroviario dove 22 anni prima era stato firmato un altro armistizio di Compiègne a parti invertite. Quell’immagine di Hitler che si siede sulla stessa sedia del Maresciallo Foch vale forse più di un corso di storia per capire le medesime ansie revansciste che oggi animano la Russia di Putin.
Quali sono i piani di Putin ?
L’invasione ci ha colti di sorpresa, malgrado gli allarmi degli Stati Uniti. L’ampiezza dell’attacco sembra presupporre che Putin miri a occupare e demilitarizzare l’Ucraina forse per installare un governo fantoccio sul modello bielorusso magari ripescando proprio Yanukovitch, l’ex-presidente filo-russo già accusato di brogli nel 2004 e cacciato dalle manifestazioni di Eumaidan nel 2014. Credo sia comunque improbabile che Putin attacchi paesi membri della NATO come i paesi baltici.
Sanzioni contro la Russia, armi all’Ucraina: la dura ma giusta reazione di UE e NATO
L’Ucraina non a parte dell’UE e nemmeno della NATO, ma è un paese con il quale abbiamo stretto un importante trattato di associazione nel 2014, un popolo europeo la cui storia e cultura è indissolubilmente legata alla nostra. Ma soprattutto si tratta di una democrazia, seppur fragile, dove vige la libertà di espressione, il rispetto - seppur malconcio - dello stato di diritto e delle libertà fondamentali della persona, al contrario di quanto avviene in Russia.
Durante il conflitto nel Donbas sono state sicuramente commesse atrocità da entrambe le parti, ma con l’invasione russa dell’Ucraina Putin ha scelto la parte sbagliata della storia. Un’invasione che avviene dopo un crescendo di crisi sempre più gravi, dopo l’occupazione nel 2008 di territori della Georgia, l’annessione della Crimea nel 2014 e il sostegno ai separatisti di Donetsk e Luansk, in un crescendo che rievoca gli anni ’30. Un conflitto che in un mese ha causato già migliaia di morti, tra cui molte vittime civili, oltre 100 bambini e che non ha risparmiato ospedali, scuole e siti della Shoa come Babi Yar.
Bisogna fare di tutto per fermare il conflitto, aiutare l’Ucraina e fermare Putin. La condanna della NATO e della UE è stata netta e unanime e non si è fermata alle parole. Sono state adottate sanzioni economiche molto dure, come l’espulsione di molte banche russe dallo SWIFT e il divieto per la banca centrale russa di fare transazioni in euro o dollari, limitando fortemente la propria capacità di fermare la svalutazione del rublo, e i paesi NATO hanno concesso la fornitura di armi difensive all’Ucraina, un passo storico per paesi come l’Italia e la Germania. Una decisione difficile ma giusta: tra democrazia e dittatura, tra libertà e censura, tra violenza e resistenza, l’Italia sa da che parte stare, perché la peggiore delle democrazie sarà sempre preferibile alla migliore delle autocrazie, soprattutto quanto l’aggredito è un paese democratico e l’aggressore una autocrazia. La democrazia non si esporta con le armi, come abbiamo tragicamente visto in Iraq, ma la si può difendere con le armi. Democrazia e libertà sono dei valori fragili che non possiamo dare per scontati. È la nostra storia, è la storia del continente europeo. Chi siamo noi per negare il sostegno a un popolo europeo che vuole difendersi e che non vuole arrendersi all’invasore? Lo dico soprattutto ai parlamentari ex M5S che ‘vorrebbe unire le forze con Putin’ o invitare in Parlamento Putin oltre a Zelensky per capire chi ha ragione o chi ha torto. Senza le armi degli alleati sarebbe stato impossibile per le brigate partigiane liberare l’Italia. Gli ucraini non si vogliono arrendere, resistono per difendere la democrazia nel loro paese: aiutarli è la cosa giusta da fare, anche perché difendono la libertà nel nostro continente.
L’Italia e LA UE devono lavorare per la pace e il cessate il fuoco in Ucraina ed evitare una escalation a tutti i costi. Le sanzioni economiche e l’assistenza militare all’Ucraina sono strumenti per perseguire questo preciso obbiettivo politico. Riequilibrando il rapporto tra le forze in campo sarà più semplice costringere Mosca a sedersi al tavolo negoziale, come stiamo vedendo in questi giorni: grazie alle armi della NATO, gli ucraini hanno resistito e Putin finora non solo non è riuscito a prendere Kiev ma nessun’altra grande città, una situazione che sembra lo abbia portato a ritirarsi da quei teatri e a prendere sul serio i negoziati in corso a Istanbul. Dare le armi a Kiev e volere la pace sono due facce della stessa medaglia, è il principio della deterrenza. Un accordo tra l’aggressore e l’aggredito rimane l’unica soluzione per fermare il conflitto: la via militare avrà un costo di vite umane inaccettabile, la caduta di Putin rimane una ipotesi inverosimile per ora, mentre quella del governo del Presidente Zelensky uno scenario da evitare ad ogni costo.
La relazione Italia - Russia
Sicuramente negli ultimi anni l’Italia ha investito troppo sulla Russia di Putin, sia sul piano economico, sul piano energetico e sul piano politico. Dopo l’annessione illegale della Crimea abbiamo continuato a fare affari con la Russia e ad aumentare la nostra dipendenza energetica da Mosca – 20 anni fa importavamo il 27% del nostro gas dalla Russia, oggi il 45% - un tragico errore strategico. Il cambio di rotta di questi ultimi giorni è necessario e inevitabile. Partiti come la Lega e il M5S che ieri lodavano Putin ora lo rinnegano, una evoluzione positiva che rafforza la nostra posizione internazionale del nostro paese. Si deve comunque fare chiarezza sulla missione ‘Dalla Russia con amore’ e sugli accordi che sarebbero stati stilati tra il governo italiano e il governo russo all’inizio della pandemia nel 2020. Bisogna anche revocare immediatamente le onorificenze della Repubblica conferite a Paramanov e altre figure istituzionali russe a seguito delle gravi minacce fatte all’Italia. Sul piano energetico dobbiamo accelerare sulle rinnovabili, diversificare le nostre fonti di approvvigionamento di gas e investire sui giacimenti di gas italiani esistenti: nei primi anni 2000 la produzione di gas nazionale era pari a 17 miliardi di metri cubi di gas, nel 2019 era pari a 3,3, mentre il fabbisogno è rimasto invariato tra i 70 e i 76 miliardi di metri cubi all’anno. Dobbiamo invertire la rotta il prima possibile.
Cosa resta da fare per aiutare l’Ucraina?
Sempre nell’ottica della politica di deterrenza e a seguito di una invasione che nessuno di noi si aspettava, ora come mai prima serve una vera politica comune di difesa e l’istituzione di un esercito europeo in modo da renderci più autonomi dagli Stati Uniti, con i quali rimaniamo alleati nella NATO. Per fare questo bisogna prima cominciare con il rispettare gli impegni al contrario di Conte e del M5S: troppo facile dire di volere una politica comune di difesa e poi rifiutarsi di fare la propria parte. Dal 2014 tutti i governi italiani hanno promesso e confermato il piano di aumentare le spese militari fino al 2% del PIL entro il 2024, un impegno preso in sede NATO e confermato anche dai governi di Conte durante i quali le spese militari sono aumentate del 17% tra il 2019 e il 2022. Ora, pur di piantare una bandierina ideologica e raccogliere disperatamente qualche consenso, Conte si oppone mettendo a rischio gli impegni presi con i nostri alleati, la credibilità del nostro paese e il governo Draghi come un Turigliatto qualsiasi.
Dobbiamo essere pronti a inasprire le sanzioni qualora Mosca non dovesse fermare il massacro di vittime civili. Sul fronte dell’accoglienza dobbiamo pianificare nel lungo termine, pensando a sostenere chi accoglie in Italia rifugiati ucraini (magari abbonando loro l’IMU sulle seconde case che mettono a disposizione a titolo gratuito), magari anche mettendo a disposizione dei rifugiati gli immobili sequestrati agli oligarchi, erogare un contributo economico ai profughi, dare loro permesso di soggiorno e lavoro e potenziare i corsi di italiano per facilitare l’integrazione di chi vorrà rimanere. Le immagini di tanti semplici cittadini, polacchi, cechi, rumeni e non solo, che accolgono in casa propria i rifugiati scaldano il cuore, lo stato deve sostenere questo sforzo umanitario di accoglienza.
Guardando oltre l’Ucraina allo scenario geopolitico, credo che sia importante che UE e NATO monitorino attentamente cosa succede in altri ex paesi del Patto di Varsavia come la Georgia o la Moldavia. Evitiamo l’ambiguità in cui abbiamo lasciato l’Ucraina dagli accordi di Budapest che forse ha contribuito a portarci nella situazione di oggi. Infine un appello, il revanchismo russo potrebbe risvegliare il revanscismo serbo nei Balcani dove già si intravedono dei segnali molto pericolosi, soprattutto in Bosnia, nella Republica Srepska: l’UE agisca immediatamente, anche proponendo una modifica degli accordi di Dayton del 1995 e si adoperi per la tutela della democrazia, dell’ordine e dello stato di diritto.
Sul fronte economico dobbiamo sostenere quelle imprese che verranno penalizzate dalle ripercussioni delle sanzioni applicate contro la Russia chiedendo l’istituzione di un fondo compensativo a livello europeo come quello che venne fatto a seguito della Brexit dotato di 5 miliardi di euro. Uno sforzo che lo stato italiano deve e puó intraprendere, dopotutto il mercato russo rappresenta l’1.5% del nostro export.
Sul fronte politico, speriamo che questa nuova ondata migratoria da oriente convinca i paesi di Visegrad ad aderire alla costruzione di una politica di asilo comune europea che preveda una ripartizione dei flussi migratori tra tutti i paesi membri della UE e finalmente a concedere una riforma del trattato di Dublino.
Dobbiamo anche sostenere chi esprime dissenso in Russia contro Putin e accogliere tutti i dissidenti politici. Oltre 8 mila cittadini russi sono stati arrestati dopo che avevano coraggiosamente manifestato il proprio dissenso scendendo in piazza, perfino bambini o donne anziane, in loro riposa la nostra speranza affinché la Russia rinsavisca presto e fermi l’invasione.