Nazionalizzare quote Banca d'Italia è inutile e dannoso.

Il Partito Democratico è contrario alla proposta della Meloni che vuole riportare a soggetti pubblici le quote di proprietà della Banca d'Italia. Si tratta di fatto di una iniziativa populista, inutile e pericolosa. È inutile perché la Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico, si tratta della nostra banca centrale, che opera già nella Repubblica italiana per gli italiani ed è per statuto autonoma, come prevedono sia le norme nazionali che europee. Con questa legge si attuerebbe così la nazionalizzazione delle quote detenute dai 123 azionisti da parte del MEF al valore nominale, cioè di emissione del 1936. Ovviamente a distanza di 83 anni abbiamo assistito a una naturale divergenza tra valore nominale e valore reale o comunque di mercato: il valore nominale di 300 milioni di lire dell’epoca, oggi 156 mila euro, è iscritto nei bilanci degli azionisti per un totale di 7.5 miliardi di euro. 

Di più alcuni di questi azionisti si sono visti rivalutati le proprie quote, altri le hanno invece acquistate al valore di mercato, 25.000 euro per quota a seguito della rivalutazione e della riforma del 2013, quando sono state negoziate quote di partecipazione in misura pari al 33% del capitale ovvero 2.5 miliardi di euro. Questo significa che se l’acquisto da parte del MEF avviene al valore nominale, ovvero  156.000 euro e non al valore iscritto a bilancio si produrrà un buco enorme nei bilanci degli azionisti, non certo realtà speculative ovvero casse di risparmio, fondi pensione, enti di previdenza oltre a istituto di credito e assicurativi, che detengono le quote attualmente. Infine è dannosa perché secondo un parere della Banca centrale Europea si minaccia, se venisse approvata, l’inoperabilità della banca d'Italia.