Nel nostro Pnrr non c'è una missione specifica per i giovani

Nel nostro Pnrr non c'è una missione specifica per i giovani. A differenza di altri Paesi, il Governo Draghi ha preferito indicare le politiche giovanili come priorità trasversale di tutto il Piano e questo è un limite, in questo modo è più difficile monitorare le risorse spese per questo obiettivo.

Disoccupazione giovanile, oltre 2 milioni di Neet, lavoro precario e instabilità: i problemi dei giovani italiani sono moltissimi. Serve una strategia specifica per i giovani, per questo credo che il Governo debba avere un piano chiaro per affrontare un tema così fondamentale.

Dobbiamo ascoltare la voce dei giovani e restituire una speranza nel futuro alla generazione più preparata della nostra storia. Ne ho parlato in una intervista a la Repubblica. Vi riporto l'articolo completo:

Ungaro (Iv): "Nel Pnrr troppo poco per i giovani. Subito misure per i Neet in legge di Bilancio"
Intervista a uno dei componenti dell'Intergruppo Parlamentare Next Generation Italia, che chiede una strategia su misura per gli under 35 fuori dal percorso di studi e dal mercato del lavoro, e critica il Recovery Fund: "Sarebbero servizi capitoli specifici, a cominciare da incentivi all'autoimprenditorialità"

ROMA - Non solo pensioni, fisco e superbonus. Nella legge di Bilancio va trovato il posto anche per le misure per i giovani, in particolare per i più emarginati, quei due milioni che non studiano e non lavorano e che le attuali stentate politiche attive, persino quelle ritagliate su misura come "Garanzia Giovani", finanziata dalla Ue, non riescono a rimettere in circuito. "In Italia c'è una forte sottovalutazione dell'emergenza giovanile", denuncia Massimo Ungaro, (Italia Viva), 34 anni, da tre anni in Parlamento, componente della Commissione Finanze della Camera e dell'"Intergruppo Parlamentare Next Generation Italia per l'equità Intergenerazionale e le Politiche Giovanili", che raggruppa una sessantina di deputati e senatori di tutte le forze politiche (e anche di tutte le età) che si sono uniti per formulare proposte concrete a favore dei giovani prima per il Pnrr, ma adesso anche per la legge di Bilancio.

Il governo ha indicato nel Pnrr i giovani tra le priorità, ma il vostro documento è molto critico su come vengono impostate le politiche giovanili.

"Nel Pnrr non è stata dedicata una missione specifica ai giovani. A differenza che in Francia e in altri Paesi, il governo ha preferito indicarla come priorità trasversale e questo per noi è un limite, perché è più difficile capire e monitorare se e quante risorse vengano veramente spese per questo obiettivo. Eppure l'emergenza giovanile era molto acuta e molto profonda già prima del Covid, a cominciare dall'abbandono scolastico più alto del 50% rispetto alla media europea, il 15% contro il 10%. Abbiamo due milioni di Neet, significa che un giovane su quattro non studia e non lavora. Siamo indietro anche sull'emancipazione, gli italiani riescono a uscire da casa in media dopo i 30 anni contro una media Ue di 26, e le giovani donne, che secondo i sondaggi vorrebbero avere due figli intorno ai 28 anni, riescono ad averne solo uno, dopo i 30. Quella attuale è la generazione più istruita da sempre, ma ha enormi difficoltà a trovare un lavoro stabile, e si ritrova anche vessata da osservatori che definiscono i giovani choosy o bamboccioni".

Il Pnrr aveva suscitato le proteste di diverse organizzazioni giovanili, a cominciare da "Uno non basta". Poi sulle proteste è calato il silenzio. E' perché sono state accolte le proposte dei movimenti o perché i giovani, che fanno tanta fatica a costruire le proprie carriere, si sono stancati di protestare?

"Una parte delle richieste che anche noi avevamo fatto sono state accolte, ma siamo dispiaciuti che il governo non abbia una strategia specifica per i giovani, né nel Pnrr né più in generale. Nel Recovery Plan ci sono ottime misure in materia di istruzione e formazione, a cominciare dalla riforma dell'apprendistato e del sistema duale e sui tirocini. Ma non è abbastanza, e noi speriamo che in legge di Bilancio ci siano le risorse per abbassare il cuneo fiscale e per dare impulso al lavoro giovanile, perché Garanzia Giovani non basta. Penso a un progetto come Kickstart, per il quale il governo inglese ha stanziato due miliardi di sterline. Anche se i tirocini non si trasformano sempre in lavori stabili, è molto più formativo stare in azienda a fare qualcosa che stare a casa a non fare nulla. L'unica misura a favore dei giovani che in Italia funziona davvero è la decontribuzione per gli under 36, ma noi abbiamo bisogno di una strategia specifica per i Neet visto che abbiamo il numero più alto in Europa".

Sarà difficile trovare molte risorse in legge di Bilancio, visto che quelle che si prevede di poter spendere sono già molto contese. Quali sono le misure più urgenti che avrebbero dovuto trovare spazio nel Pnrr secondo lei, e che dovrebbero rientrare nella manovra?

"Serve una strategia specifica che combini la riforma dei tirocini, penso in particolare all'abolizione dei tirocini curriculari gratuiti, con l'introduzione di misure per la formazione e l'autoimprenditorialità, termine che non esiste nel Pnrr italiano. Eppure invece in quello francese è uno dei primi capitoli dedicati ai giovani. Mai come negli ultimi 15 anni si è investito così poco per il diritto allo studio e all'ingresso nel mondo del lavoro dei giovani. Se non interveniamo in fretta l'emergenza giovanile rischia di scoppiare, superando i tristi record della crisi precedente: nel 2014 i Neet erano saliti a tre milioni e la disoccupazione giovanile era al 43%".

Il progetto di riforma delle politiche attive a cui sta lavorando il governo potrà servire anche all'inserimento dei giovani?

"Il rischio è di fare di tutti i disoccupati un calderone unico quando invece i Neet hanno le loro specificità, e hanno bisogno di strategie su misura. Bisogna evitare il giovanilismo sterile di misure "marchetta" che magari mettono insieme i giovani e le donne, misure di questo tipo non servono. E poi c'è anche un'altra emergenza, che dipende dalla pandemia: servirebbe un Piano nazionale per la salute mentale giovanile. Con il Covid-19 sono aumentati i disturbi dei giovani, e gli episodi di autolesionismo".

In questo momento i sindacati chiedono per i giovani la pensione di garanzia, che diventerà sempre più importante per chi guadagna poco e ha buchi contributivi. Non le sembra però in parte un modo di arrendersi a una situazione di emarginazione lavorativa? Forse sarebbe meglio fare in modo che retribuzioni e carriere migliorino prima di arrivare alla pensione.

"Certo, bisogna investire sulla formazione e sull'istruzione, per permettere ai giovani di trovare carriere interessanti, anche in Italia, senza essere costretti ad andare all'estero. E prima della pensione di garanzia, io penso che serva una "dote universale" per i giovani, che ne possa sostenere l'emancipazione, dando a tutti uguaglianza di opportunità".