Alla Camera abbiamo appena approvato il decreto Immigrazione, lavando l’onta dei decreti (in)sicurezza di Salvini. Provvedimenti che avevano indebolito il nostro sistema di accoglienza e di controllo migratorio, lasciando i porti chiusi e migliaia di irregolari in mezzo alla strada, e che ha reso molto più difficile l'ottenimento della cittadinanza italiana, specie per le coppie con un coniuge straniero. Dopo questo passo importante, è arrivato il momento di riformare il meccanismo di acquisizione della cittadinanza italiana introducedo lo Ius Culturae: chi nasce nel nostro paese, frequenta le nostre scuole e parla la nostra lingua è italiano.
La legge 91/92 attualmente in vigore fonda sullo ius sanguinis, cioè sul diritto di discendenza da un italiano e prevede che chi nasce e/o cresce in Italia possa chiedere di diventare cittadino al compimento del 18° anno di età. Una norma ormai fuori dal tempo. Secondo l'ultimo rapporto curato dalla Fondazione Migrantes, a scuola, l'Italia del futuro esiste già. Nell'ultimo anno scolastico gli alunni stranieri erano 841.719 (9,7 per cento della popolazione scolastica totale). Ben il 63% degli alunni stranieri (con cittadinanza non italiana) in realtà è nato in Italia. Per questo è necessario, anche a fronte del nostro indiscusso calo demografico, introdurre quanto prima il principio dello ius culturae per l'acquisizione della cittadinanza italiana a favore di tanti bambini e ragazzi, compagni di scuola e di gioco dei nostri figli e nipoti. Come richiesto da tante associazioni e realtà della società civile e del volontariato che hanno messo in campo straordinarie mobilitazione per arrivare ad una legge che sancisca definitivamente questo principio di civiltà.