Nel 1989 l'Europa si era illusa di abbattere per sempre il suo ultimo muro, sanando quella ferita con un forte processo di allargamento dei suoi confini verso Est nel 2004 e con gli accordi di Maastricht e Schengen che permisero la libera circolazione delle persone in quasi tutta l’Europa, Svizzera inclusa, grazie agli accordi del 2000 con la Confederazione elvetica. Ma la deriva nazional-populista a cui stiamo assistendo in questi ultimi anni in Europa e nel mondo rimette in agenda la costruzione di nuovi muri per rispondere alle paure delle persone. La crisi della pandemia del COVID19 ha reso tutti più fragili e al tempo stesso sembra interrogarci se non sia meglio rinchiuderci in noi stessi nell’illusione dell’autosufficienza o di usare questa crisi come occasione per ripensare e riformare la nostra società. Si può essere credenti o meno ma come non dar ragione a Papa Francesco quando dice: “peggio di questa crisi c’è solo l’errore di sprecarla!”. I muri che sorgono in Europa e nel mondo non sono fatti soltanto di mattoni. Ancora più pericolosi sono quelli politici, caratterizzati da populismo, ideologie, umiliazioni e frustrazioni di chi è rimasto indietro e che viene usato dai nazional-populisti. Di questo fenomeno non è immune nemmeno la florida e placida Svizzera. Gelosa della sua storia, della sua autonomia, della libertà dei suoi Cantoni.
Di recente, il “Comitato d’iniziativa contrario alla libera circolazione delle persone”, poi sostenuto dalle forze di centrodestra elvetiche, ha lanciato la citata proposta referendaria - tra i 5 previsti e fissati il prossimo 27 settembre - per interrogare i cittadini svizzeri sull’iniziativa per la limitazione della libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea in Svizzera. I favorevoli al Sì sostengono, nella migliore tradizione salviniana, che in Svizzera si stia assistendo a un’immigrazione di massa intollerabile e che questo comporti un aumento della disoccupazione, una minaccia per il benessere, la libertà e la sicurezza dei cittadini svizzeri. Secondo il Consiglio federale invece la via bilaterale di libera circolazione scelta dalla Svizzera è fatta su misura per rispondere alle esigenze economiche e strategiche del Paese e dei suoi cittadini.
È opportuno ricordare che giusto vent’anni fa la Svizzera e l’UE hanno firmato un pacchetto di 7 accordi bilaterali, approvati dal popolo svizzero nel 2000 con il 67,2 % dei voti. De facto questi accordi garantiscono all’economia elvetica lo strategico accesso al mercato europeo, accordi che regolano il commercio, gli appalti pubblici, l’agricoltura, la ricerca, il trasporto terrestre e aereo e l’accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC). Un accordo che assicura - a determinate condizioni - ai cittadini svizzeri di vivere, lavorare, studiare nell’UE e viceversa ai cittadini dell’UE in Svizzera.
L’architettura dei trattati “UE-Confederazione Elvetica” è la base delle relazioni tra la Svizzera e il suo principale partner commerciale. Se anche solo uno di questi accordi venisse meno, tutti gli altri sarebbero inesorabilmente compromessi: mettendo fine all’accordo di libera circolazione significa revocare gli altri 6, non in funzione di una ritorsione politica ma semplicemente perché lo prevedono i trattati, trattati adottati all’epoca con una logica ‘pacchetto’. Sempre rispettando pienamente la sovranità della Confederazione elvetica, credo che sia lecito affermare che la fine della libera circolazione e la conseguente revoca di tutti i trattati rischia , stavolta per davvero, di pregiudicare seriamente la prosperità e il benessere della Svizzera. Un paese il cui governo è ben consapevole dell’importanza dell’apertura delle frontiere: non dimentichiamoci come italiani che durante la crisi del Covid19 la Svizzera non ha mai chiuso i suoi confini con l’Italia, al contrario di Austria e Slovenia.
Si può quindi intendere il rischio di un’operazione politica che avrebbe poca fortuna. Cosa si cela dietro questa iniziativa? Le ragioni sono simili e pressoché scontate in ogni paese. Si tratta di azioni che segnano confini, marcano differenze, ingigantiscono paure. Non fanno bene all’economia, aumentano le tensioni sociali, impoveriscono culturalmente. Per questo è importante andare a votare senza dare nulla per scontato. Mi appello quindi a tutte le italiane e tutti gli italiani con cittadinanza svizzera di votare convintamente NO al referendum del 27 Settembre sulla limitazione della libera circolazione tra Europa e Confederazione Elvetica.